Una breve riflessione sul tema dei Vitalizi e sull'ipotetica necessità di far proseguire la legislatura fino a metà settembre. Giusto per mettere un po' di ordine e fare un po' di chiarezza.

I parlamentari eletti per la prima volta nel 2013 – XVII legislatura – non hanno diritto ad alcun Vitalizio; tutti i parlamentari eletti nelle legislature precedenti Si. 

I vitalizi – che consistevano in un trattamento calcolato sulla base degli anni fatti in parlamento e dava diritto ad un assegno contenente una percentuale dell'indennità dei parlamentari in carica, quindi completamente slegato dai contributi versati- sono stati aboliti alla fine del 2011 (Governo Monti) e sono stati sostituiti da una pensione calcolata con metodo contributivo.
 
Fino alla precedente legislatura (XVI) ogni parlamentare una volta cessato il mandato maturava il diritto ad una pensione che era calcolata sulla base di un sistema “retributivo”, ma con gradazioni diverse:
I parlamentari eletti fino al 1994 avevano diritto a percepire un assegno mensile per tutta la vita, indipendentemente dagli anni compiuti al momento della cessazione dalla carica e anche solo con pochi giorni di permanenza in parlamento.
Per i parlamentari Eletti fino al 2006 sono diventati necessari 2 anni e sei mesi di permanenza in parlamento e il compimento dei 60 anni di età.
Per i parlamentari Eletti fino al 2012 gli anni di permanenza in parlamento necessari sono diventati 5 e il diritto al vitalizio scattava al compimento dei 65 anni.
Per i parlamentari eletti dal 2013 il Vitalizio viene cancellato.
 
Con l'approvazione nell’inverno del 2011 della riforma delle pensioni, il nuovo regolamento di Camera e Senato ha cancellato il vitalizio e ha modificato il metodo con cui viene calcolato l’assegno dei parlamentari sostituendolo con quello “contributivo”, in cui cioè l’assegno è legato direttamente ai contributi che vengono effettivamente versati. 
 
I "nuovi" parlamentari – come tutti i lavoratori – versano quindi tutti i mesi i contributi previdenziali che al raggiungimento dell'età pensionabile daranno diritto ad un trattamento pensionistico secondo, appunto, il criterio contributivo. Contributi che si andranno a sommare agli altri versati nel corso della vita lavorativa di ciascuno. I requisiti per ottenere queste pensioni è rimasto invariato: un deputato o un senatore devono restare in carica per 5 anni effettivi e percepiscono la pensione dopo il compimento del 65esimo anno di età. 
 
Se la legislatura si interrompe prima di 4 anni, 6 mesi e 1 giorno (in questo caso 15 settembre 2017) si perde la possibilità di ottenere questa parte di pensione (in caso di fine anticipata della legislatura, le frazioni di anno contano come un anno intero se sono trascorsi più di sei mesi)  e i contributi che tutti i mesi i parlamentari versano rimarranno nella “cassa” del ramo del Parlamento di appartenenza. Non verranno quindi restituiti sotto altra forma a chi li ha versati, ma verranno invece usati per pagare i vitalizi di quelli che c'erano prima e che sono andati in pensione con il sistema retributivo.