ISTITUZIONE DELLE CITTÀ METROPOLITANE E RIASSETTO 

DELLE PROVINCE: PARTITO IL TRENO DELLE RIFORME

SINTESI
Con l’approvazione della legge sull’istituzione delle Città metropolitane e la contestuale soppressione delle province, quale organo di diretta rappresentanza delle relative comunità locali, si dà il via al processo di riforme strategiche per il Paese.
La nuova architettura istituzionale delle autonomie è basata su due pilastri: le regioni e i comuni. Saranno cancellate, in coerenza con i principi di efficacia e di efficienza, le duplicazioni delle funzioni amministrative ai vari livelli di governo e, di conseguenza, i circa 5.000 enti intermedi, delineando contestualmente un nuovo quadro più chiaro e più semplice.
A fare da “cerniera” tra i due pilastri, per lo svolgimento di funzioni che sono difficilmente svolgibili a livello comunale e regionale a causa della dimensione territoriale, si collocheranno gli enti di “area vasta”: si occuperanno di ciò che non possono fare i comuni
perché sono di dimensione troppo piccola, e che non possono fare le regioni perché sono di dimensione troppo grande. Gli enti di area vasta saranno di “tipo metropolitano” per lo svolgimento di funzioni di coordinamento, rafforzamento e promozione dello sviluppo
economico, sulla base di un modello presente in tutta Europa o di “tipo provinciale” per lo svolgimento di funzioni di programmazione e pianificazione. In attesa della riforma costituzionale che le abolirà del tutto, le province, quali enti di area vasta, saranno designate tramite elezioni di secondo grado, ovvero non più direttamente dai cittadini, ma dagli amministratori locali. Viene meno, quindi, il carattere politico-rappresentativo della provincia, come fino ad ora l’abbiamo conosciuto. Per le città metropolitane, quali enti di area vasta, si prevede la possibilità di due percorsi elettorali: il primo, di secondo grado, prevede l’elezione da parte degli amministratori locali, il secondo prevede l’elezione diretta definita dallo statuto, regolata da una legge elettorale statale, a condizione della divisione del comune capoluogo in più comuni.
In sostanza, la riforma ridisegna in modo moderno la democrazia, prevedendo il riordino delle province. La struttura della Repubblica delle autonomie avrà il suo perno su due soli livelli territoriali di diretta rappresentanza delle rispettive comunità: le regioni e i comuni. La rappresentanza non è più una rappresentanza politica, ma una rappresentanza territoriale. La democrazia non è più a livello verticale, ma a livello orizzontale perché saranno i sindaci e i consigli comunali a decidere quali saranno i compiti di area vasta in quanto le province saranno funzionali alla gestione delle attività di questi due livelli di governo nelle materie attribuite e trasferite.

COSA PREVEDE LA LEGGE ORDINARIA DI RIORDINO DELLE PROVINCE?
1) l’istituzione delle città metropolitane;
2) la nuova disciplina delle province quali enti di area vasta;
3) la definizione organica delle Unioni di comuni e riforma dell’istituto della fusione di comuni.

LE CITTÀ METROPOLITANE
Dopo 24 anni di attesa, entro il 1° gennaio 2015, nasceranno sul territorio delle province omonime 9 città metropolitane: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria (Reggio Calabria sarà costituita successivamente a causa dell’attuale commissariamento del comune). Non sarà possibile costituire ulteriori città metropolitane.
Roma avrà una disciplina analoga a quella delle altre Città metropolitane, salvo i poteri speciali derivanti dallo status di Capitale e quanto previsto dai decreti legislativi su Roma Capitale.
Inoltre, le regioni a statuto speciale Sardegna, Sicilia e Friuli Venezia Giulia, in conformità dei rispettivi statuti, potranno istituire città metropolitane nel rispetto dei principi della legge che valgono come principi di grande riforma economica e sociale per la disciplina di città e aree metropolitane (nelle tre regioni sono già state istituite cinque città metropolitane: Cagliari, Palermo, Catania, Messina e Trieste).
Le città metropolitane subentrano alle province esistenti.

Cosa sono le città metropolitane e quali funzioni istituzionali generali hanno?
Le città metropolitane sono enti territoriali di area vasta e le funzioni istituzionali generali sono: cura dello sviluppo strategico del proprio territorio, promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana e cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee.

Quale sarà l’estensione territoriale delle città metropolitane?
Il territorio delle città metropolitane coincide con quello della provincia omonima che sarà conseguentemente soppressa.
I comuni delle province limitrofe alla città metropolitana potranno decidere di aderire alla città metropolitana. La decisione deve essere adottata con “legge della Repubblica, su iniziativa dei comuni, sentita la stessa regione” (art. 133 Cost). In caso di parere negativo della regione, il Governo è tenuto a promuovere un’intesa tra la regione e i comuni interessati. In caso di mancata intesa, la decisione spetta al Consiglio dei ministri, che delibera in ordine alla presentazione al Parlamento del disegno di legge sulle modifiche territoriali di province e di città metropolitane.

Quali saranno gli organi delle città metropolitane?
Gli organi delle città metropolitane sono tre:
– sindaco
– consiglio metropolitano
– conferenza metropolitana
Non è prevista la costituzione della giunta, ma è data la facoltà al sindaco di nominare un vicesindaco e uno o più consiglieri delegati.
Il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo, è il rappresentante della città metropolitana e ha il compito di convocare e presiedere il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana. Inoltre, svolge la funzione di sovrintendere alla “macchina” amministrativa della città. L’individuazione puntuale dei compiti è demandata allo statuto.
Il consiglio metropolitano dura in carica 5 anni ed è formato dal sindaco metropolitano e da un numero variabile di consiglieri in base alla popolazione, è l’organo di indirizzo e controllo. Il consiglio ha il potere di approvare regolamenti, piani, programmi ed ogni altro atto ad esso sottoposto dal sindaco metropolitano. Adotta gli schemi di bilancio e, previa acquisizione del parere da parte della conferenza metropolitana, li approva in via definitiva ed ha altresì potere di proposta dello statuto. L’individuazione puntuale dei compiti è demandata allo statuto.
La conferenza metropolitana è composta dal sindaco metropolitano e dai sindaci dei comuni appartenenti alla città metropolitana ed ha il compito di approvare o respingere lo statuto, e le eventuali successive modifiche. La conferenza metropolitana dispone inoltre di poteri propositivi e consultivi la cui definizione è rimessa allo statuto. Le delibere della conferenza metropolitana sono adottate con voto ponderato.

Cosa faranno le città metropolitane?
Le città metropolitane erediteranno le funzioni fondamentali delle province e quelle attribuite alla città metropolitana nell’ambito del processo di riordino delle funzioni delle province, nonché le seguenti ulteriori funzioni fondamentali:
a) adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano (atto di indirizzo per gli enti del territorio metropolitano);

b) pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all’attività e all’esercizio delle funzioni dei comuni ricompresi nel territorio metropolitano;

c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. D’intesa con i comuni interessati, la città metropolitana può esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive;

d) mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell’ambito metropolitano;

e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale;

f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione.

Lo Stato e le regioni potranno attribuire ulteriori funzioni alle città metropolitane in attuazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (ex art. 118, comma 1 Cost.)

Come si finanzieranno le città metropolitane?
Passano alla città metropolitana il patrimonio, il personale e le risorse strumentali della provincia a cui ciascuna città metropolitana succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi, ivi comprese le entrate, all’atto del subentro alla provincia.
Le entrate delle province sono costituite da: imposta su RC auto, imposta provinciale di trascrizione; altri tributi propri derivati; compartecipazione provinciale all’IRPEF; compartecipazione alla tassa automobilistica regionale sugli autoveicoli.

Formazione degli organi delle città metropolitane a regime
Il sindaco metropolitano e il consiglio metropolitano possono essere formati con 2 modalità diverse la cui scelta è demandata allo statuto:
• costituzione automatica di entrambi gli organi. Il sindaco del comune capoluogo è automaticamente il sindaco metropolitano e il consiglio metropolitano è composto dal sindaco metropolitano e da un numero di consiglieri, fissato dalla legge, variabile in base alla popolazione. Il consiglio metropolitano è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della città metropolitana e sono eleggibili i sindaci e i consiglieri comunali in carica. Il sistema elettorale prevede una divisione del territorio in fasce demografiche omogenee e con l’assegnazione di un voto ponderato che fa sì che nessuna fascia possa rappresentare più del 35% della popolazione complessiva e che un solo comune possa essere rappresentato oltre il 45% della popolazione stessa. Inoltre, nelle liste, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60%.
• elezione diretta a suffragio universale del sindaco e del consiglio metropolitano definita dallo Statuto. In questo caso, la legge elettorale deve essere fatta con legge statale e il territorio del comune capoluogo deve essere articolato in più comuni. Esiste un’eccezione per le città sopra i 3 milioni di abitanti (Milano, Napoli, Roma) che, invece di dividersi in più comuni, possono articolare il territorio del comune capoluogo in zone dotate di autonomia amministrativa.

Quanti saranno i consiglieri del consiglio metropolitano?
1) 24 per le città metropolitane con popolazione residente >3milioni di abitanti;
2) 18 per le città metropolitane con popolazione residente >800mila abitanti e </= 3 milioni;
3) 14 per le altre città metropolitane.

Simulazione su dati censimento 2011 

Provincia | Popolazione residente al 2011 |Numero consiglieri metropolitani

Napoli | 3.054.956 | 24

Milano | 3.038.420 | 24

Torino | 2.247.780 | 18

Bari | 1.247.303 | 18

Bologna | 976.243 | 18

Firenze | 973.145 | 18

Genova | 855.834 | 18

Venezia | 846.962 | 18

Reggio Calabria  |550.967 |14

Quanto guadagneranno i nuovi organi delle città metropolitane?

L’incarico di sindaco metropolitano, di consigliere metropolitano e di componente della conferenza metropolitana è svolto a titolo gratuito.

Prima istituzione delle città metropolitane.

Il percorso è suddiviso in due passaggi:

1. Costituzione degli organi provvisori e approvazione statuto: le città metropolitane sono costituite, alla data di entrata in vigore della legge, sul territorio delle province omonime. Il sindaco del comune capoluogo indice le elezioni per una conferenza statutaria incaricata di redigere una proposta di statuto della città metropolitana entro il 30 settembre 2014. Le modalità di elezione sono le stesse previste “a regime” per l’elezione del Consiglio metropolitano. Terminati i lavori, la proposta di statuto viene inviata al consiglio metropolitano. Fino al 31 dicembre 2014 sono prorogati gli organi provinciali in carica (a titolo gratuito), comprese le gestioni commissariali.
Delle 10 province interessate, 3 sono attualmente commissariate: Roma, Genova e Reggio Calabria (il cui comune è sciolto per mafia) e per quest’ ultima sono previsti termini speciali per la prima istituzione. Il sindaco del comune capoluogo indice altresì le elezioni, da svolgersi entro il 30 settembre 2014, del consiglio metropolitano.
Entro il 31 dicembre 2014 il consiglio metropolitano approva lo statuto.

2. Subentro della città metropolitana alla provincia: il 1° gennaio 2015 le città metropolitane subentrano in tutto e per tutto alle province e il sindaco del comune capoluogo assume le funzioni di sindaco metropolitano. La città metropolitana opera con il proprio statuto e i propri organi assumendo anche le funzioni proprie. Se a tale data non fosse stato approvato lo statuto si applica lo statuto della provincia. In caso di mancata approvazione dello statuto entro il 30 giugno 2015 scatta la procedura per l’esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato.

scadenzario

 

Sono previste incompatibilità tra cariche?
Si, il presidente provinciale, il sindaco e assessore del comune del territorio della regione non possono ricoprire l’incarico di consigliere regionale.
Il consigliere comunale e circoscrizionale non può ricoprire l’incarico di consigliere comunale di altro comune e consigliere circoscrizionale di altra circoscrizione, anche di altro comune.
Il consigliere comunale è incompatibile con la carica di consigliere di una circoscrizione dello stesso comune o di un altro.
Sono previste inoltre incompatibilità dei parlamentari (nazionali ed europei) o membri del governo con altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 15.000 abitanti.

COSA PREVEDE LA NUOVA DISCIPLINA DELLE PROVINCE?
In attesa della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, la nuova disciplina configura le province quali enti di area vasta destinate a svolgere funzioni non attribuibili ai comuni, individuate non solo in applicazione di un criterio dimensionale ma, in rapporto alle loro caratteristiche intrinseche, al loro contenuto.
Arrivando a definire in maniera precisa le funzioni di area vasta si organizza, così come è avvenuto e avviene in tutti i Paesi europei, quella dimensione intermedia tra i comuni e la regione, che è presente in tutte le democrazie europee. L’area vasta non è quindi un consorzio di comuni, né tanto meno una grande unione di comuni, ma un ente di secondo livello espressione territoriale dei comuni, per impedire sovrapposizioni di competenze e conflitti politici. Un ente intrinsecamente raccordato con le regioni, che possono riorganizzare le proprie funzioni amministrative come meglio ritengono. Si ottiene così il risultato che i comuni possono cedere la gestione di proprie competenze all’area vasta e che la regione eviti di “amministrativizzare” se stessa, cedendo funzioni all’area vasta e privilegiando la propria vocazione costituzionale di ente di legislazione e di programmazione. Il fatto che le funzioni fondamentali siano definite con legge dello Stato garantisce anche da tentazioni neocentraliste da parte della regione.

Quali sono gli organi delle province?
Gli organi delle nuove province quali enti di area vasta sono:
1) Il presidente della provincia
2) Il consiglio provinciale
3) l’assemblea dei sindaci
Nella nuova provincia non è più prevista tra gli organi la giunta provinciale, ma il presidente può assegnare deleghe a consiglieri provinciali secondo le modalità e i limiti stabiliti nello Statuto.

Come sarà eletto il presidente della provincia e quali funzioni svolgerà?
Il presidente della provincia è un sindaco in carica eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia, con voto ponderato (secondo il sistema previsto per l’elezione del consiglio metropolitano). Il Presidente, che dura in carica per 4 anni, ha poteri di rappresentanza dell’ente, convoca e presiede il consiglio e sovrintende al funzionamento dell’amministrazione. Le altre funzioni sono definite dallo statuto.

Da chi è composto e quali funzioni svolge il consiglio provinciale?
Il consiglio provinciale è un organo elettivo di secondo grado, svolge funzioni di indirizzo e controllo, ed è costituito dal presidente della provincia e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione (16, se la popolazione è superiore a 700.000 abitanti; 12, se è compresa tra 300.000 e 700.000 abitanti; 10, se inferiore a 300.000). Il consiglio provinciale è eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia e dura in carica 2 anni. Il sistema elettorale prevede, così come avviene per l’elezione del consiglio metropolitano, una divisione del territorio in fasce demografiche omogenee e con l’assegnazione di un voto ponderato che fa sì, da un lato, di evitare un eccesso di potere da parte dei grandi comuni e, dall’altro, impedisce ai piccoli comuni l’esercizio di un potere di veto. Sono eleggibili a consigliere provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica e sono previste norme per favorire le pari opportunità tra i generi (nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60%). Ulteriori funzioni sono specificate dallo statuto.

Quali funzioni svolge l’assemblea dei sindaci?
L’assemblea dei sindaci è composta dai sindaci dei comuni della provincia, ha poteri propositivi, consultivi e di controllo, e adotta o respinge lo statuto con voto ponderato (devono rappresentare almeno un terzo dei comuni compresi nella provincia e la maggioranza della popolazione complessivamente residente).

Costituzione della provincia in sede di prima applicazione
La trasformazione delle province si avvia, in via transitoria, con l’indizione dell’elezione del consiglio provinciale:
a) entro il 30 settembre 2014, per le province i cui organi scadono per fine mandato nel 2014;
b) successivamente a quanto previsto alla lettera a), entro trenta giorni dalla scadenza per fine mandato ovvero dalla decadenza o scioglimento anticipato degli organi provinciali.
Una volta eletto, il consiglio provinciale svolge fino al 31 dicembre 2014 le funzioni relative ad atti preparatori e alle modifiche statutarie che saranno approvate entro la medesima data dall’assemblea dei sindaci. Sempre entro il 31 dicembre 2014 viene eletto il presidente della provincia. Qualora lo statuto non venisse approvato nel termine del 30 giugno 2015 scatta il potere sostitutivo dello Stato. Così come avviene per la Città metropolitana, per le province i cui organi scadono naturalmente nel 2014, si prevede la
permanenza in carica fino al 31 dicembre 2014 a titolo gratuito.

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Quanto guadagneranno i nuovi organi delle province?
L’incarico di presidente della provincia, di consigliere provinciale e di componente l’assemblea dei sindaci è svolto a titolo gratuito.

Quali saranno le funzioni delle province?
Le funzioni delle province quali enti di area vasta sono le seguenti:

1. pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza;

2. pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

3. programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;

4. raccolta ed elaborazione dati ed assistenza tecnico-amministrativa;

5. gestione dell’edilizia scolastica;

6. controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità.

Vengono inoltre definite le province dei territori montani, proprio in relazione al tipo di funzioni legate alla specificità del territorio montano, con funzioni proprie aggiuntive (cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione in forma associata di servizi in base alla specificità del territorio, cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale ed enti territoriali di altri Paesi, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane).
La provincia può anche, d’intesa coi comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive.

…e le restanti funzioni attualmente previste?
Viene delineato un complesso procedimento per il riordino delle funzioni attualmente esercitate dalle province, cui lo Stato e le regioni provvedono sulla base dei seguenti principi fondamentali:
a) individuazione per ogni funzione dell’ambito territoriale ottimale di esercizio per ciascuna funzione;
b) efficacia nello svolgimento delle funzioni fondamentali da parte dei comuni e delle unioni dei comuni;
c) sussistenza di riconosciute esigenze unitarie;
d) adozione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio tra gli enti territoriali coinvolti nel processo di riordino, mediante intesa o convenzione.
Sono altresì valorizzate forme di esercizio associato di funzioni da parte di più enti territoriali, nonché le autonomie funzionali.

Soppressione di migliaia di enti intermedi e stop al livello provinciale dell’organizzazione periferica dello Stato

Nel caso specifico in cui disposizioni normative statali o regionali riguardanti servizi a rete di rilevanza economica prevedano l’attribuzione di funzioni di organizzazione dei predetti servizi, di competenza comunale o provinciale, ad enti o agenzie in ambito provinciale o sub-provinciale, un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ovvero le leggi statali o regionali (a seconda della competenza) prevedono la soppressione di tali enti o agenzie e l’attribuzione delle funzioni alle province nel nuovo assetto istituzionale.

(ad es. con legge regionale sarà possibile la soppressione degli A.T.O. (Ambito territoriale ottimale). Questo significa incidere in modo diretto sulle migliaia di enti intermedi tra regioni e comuni, uniformando alla dimensione di area vasta la gestione di questi servizi a rete. Per le regioni che decideranno di riorganizzare le funzioni prevedendo la soppressione di uno o più enti sono previste misure premiali, comunque senza maggiori o nuovi oneri per la finanza pubblica.

Un’altra importante disposizione riguarda l’organizzazione periferica delle pubbliche amministrazioni: dovranno riorganizzare la propria rete individuando ambiti territoriali ottimali di esercizio delle funzioni non obbligatoriamente corrispondenti a livello provinciale o delle città metropolitane.

organismi

Il combinato disposto di queste norme darà vita alla più importante riforma dell’amministrazione pubblica, lasciando che siano finalmente le regioni a modellare l’area vasta secondo le specifiche caratteristiche del loro rispettivo territorio e lo Stato a riorganizzare sul territorio le proprie attuali funzioni amministrative decentrate.

ROMA CAPITALE

Lo statuto della città metropolitana di Roma capitale disciplina i rapporti tra la città metropolitana, Roma capitale e gli altri comuni, garantendo il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri. Restano ferme le disposizioni dei decreti legislativi su Roma capitale.

UNIONE E FUSIONE DI COMUNI
Allo stato attuale i comuni con più di 100.000 abitanti sono solo 46, mentre sotto i 5.000 abitanti esistono circa 5.700 comuni. A fronte di questa situazione le unioni comunali in Italia, ovvero comuni che lavorano in maniera associata, sono purtroppo ancora una realtà incompiuta, costituendone solo il 10-11 per cento.
Dalle prime analisi dei fabbisogni e dei costi standard si sa che nelle dimensioni troppo piccole e nelle dimensioni troppo grandi, l’efficienza della spesa si riduce tantissimo.

Questa legge semplifica la giungla normativa e agevola i processi di unione e fusione dei comuni, migliorando la qualità della democrazia a invarianza di spesa.
Le unioni di comuni sono definite enti locali costituiti da due o più comuni per l’esercizio associato facoltativo di funzioni di loro competenza.
Viene semplificata la disciplina degli organi: per quanto riguarda il consiglio dell’unione il numero dei componenti è definito nello statuto senza predeterminazione di limiti numerici ex lege, viene introdotta la figura del segretario dell’unione, scelto tra i segretari dei comuni associati, senza il pagamento di ulteriori indennità e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e rinnovato il contenuto e le modalità di approvazione dello statuto dell’unione. Tutte le cariche nell’unione di comuni sono esercitate a titolo gratuito.
Vengono reintrodotti, senza alcun aggravio di spesa e nel numero massimo di due, gli assessori nei comuni fino a 3.000 abitanti e il relativo consiglio comunale è composto, oltre che dal sindaco, da 10 consiglieri. In tali comuni è consentito un numero massimo di tre mandati.
Si prevede, inoltre, che per i comuni con popolazione superiore ai 3.000 abitanti e fino ai 10.000 abitanti il consiglio comunale sia composto, oltre che dal sindaco, da 12 consiglieri e da un massimo di 4 assessori.
I comuni, prima di applicare le nuove norme sul numero dei consiglieri, provvedono a rideterminare gli oneri in modo da assicurare l’invarianza della spesa (attestata dal collegio dei revisori dei conti).
Nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti nessun sesso può essere rappresentato in misura inferiore al 40%.
Vengono introdotte alcune modifiche relative alla disciplina delle unioni per l’esercizio associato obbligatorio delle funzioni fondamentali, in base alle quali è stabilito un ulteriore limite demografico minimo (oltre quello ordinario di 10.000 abitanti), fissato in
3.000 abitanti qualora si tratti di comuni appartenenti o appartenuti a comunità montane (almeno tre comuni). Il nuovo limite non si applica alle unioni già costituite.
La legge prevede anche misure agevolative e organizzative per la fusione di comuni.
Sono inoltre previste misure incentivanti (in sede di definizione del patto di stabilità verticale, priorità nell’attribuzione dei fondi del Primo Programma “6.000 campanili”) sia per le unioni, sia per le fusioni di comuni.
Obiettivo della riforma è quello di rendere tali forme associative strumenti a disposizione dei comuni affinché questi possano esercitare, anche al di là delle loro dimensioni e dei vincoli che queste comportano, le loro funzioni in un modo più efficiente e più corrispondente alle esigenze dei cittadini.

 


Scarica il PDF: TESTO DDL DELRIO APPROVATO