Grazie Presidente, onorevoli colleghi, prendo la parola oggi a nome mio e di tutto il gruppo del Partito Democratico per onorare la memoria delle vittime della catastrofe del Vajont.
Prendo la parola oggi perché ieri, 9 ottobre, ero nei luoghi della tragedia, a Longarone, dove insieme ai sopravvissuti, ai tanti volontari, ai sindaci, alla comunità tutta abbiamo onorato le vittime e affermato, ancora una volta, che nessuno può dimenticare che tante morti potevano e dovevano essere evitate.
Un ringraziamento va alle tante persone che in questi anni hanno coltivato e, ne sono sicuro, coltiveranno anche nel futuro la memoria del Vajont; ricordare e spiegare alle nuove generazioni quello che è successo è fondamentale affinché gli standard di sicurezza siano sempre garantiti in ogni opera pubblica al massimo livello e l'equilibrio ambientale venga ovunque assicurato, a tutela della vita dei cittadini e delle comunità.
Tina Merlin nel 25° anniversario della catastrofe affermava: "Tutti sappiamo ormai, senza ombra di dubbio, che la tragedia del Vajont è stata colpa degli uomini. (…) quella tremenda colpa degli uomini del potere – potere economico, potere politico – può anche essere perdonata dai cristiani, ma mai dimenticata".
Nel 2008, a Parigi, l'Unesco ha considerato il Vajont come il primo tra i più gravi disastri evitabili della storia dell'umanità, lo ha definito come un «racconto ammonitore».
Il Parlamento italiano, nel 2011, ha deciso di istituire, proprio il 9 ottobre, la 'Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall'incuria dell'uomo; i fatti visti con gli occhi di oggi ci fanno dire che il termine “incuria” può essere tolto.
Infine, lo Stato, nel 2013 in occasione del 50° anniversario, con le sue più alte cariche si è inchinato, ha chiesto scusa.
Le scuse, tuttavia, per quanto necessarie, riguardano il passato, non il futuro. Chi oggi, fa parte della classe dirigente di questo Paese ha il dovere di imparare dagli errori e dagli orrori e di pianificare la presenza dell’uomo in armonia con la natura.
Il tema del dissesto deve essere centrale nelle politiche del nostro Paese, la prevenzione il faro di tutte le azioni.
Ricordare il Vajont vuol dire anche ricordare le lentezze dei procedimenti della giustizia, che in questo caso come in tanti altri simili, ha trascinato troppo nel tempo l’accertamento delle responsabilità, mortificando ancora una volta quelle comunità già duramente colpite dal disastro.
Sandro Canestrini, avvocato di parte civile, denunciò con altissima tensione morale e civile le lentezze, i soprusi e le manovre di un sistema colluso durante il processo del Vajont del 1969.
Chiudo riprendendo una frase emblematica del giudice istruttore che, durante il processi dell’Aquila, afferma: «In avvenire, in nome del progresso tecnico, dell'esigenza produttiva dello Stato, del profitto di pochi o di molti, i nostri stessi figli non siano testimoni e vittime di analoghe tragedie, se non vogliamo che essi si trovino improvvisamente soffocati dal fango senza sapere questi e molti altri perché».
Grazie.
Roma, 10 ottobre 2018