… NON VOGLIAMO PERDERE IL TRENO!

Le cause? Le solite.

Il mancato rinnovo del materiale rotabile che rende il servizio inaffidabile, tanto da rendere impossibile la realizzazione dell’orario cadenzato e impossibile che vengano rispettate le coincidenze a Conegliano. Ma non solo.

Belluno è l’unico capoluogo di provincia che non sia collegato con Venezia e quindi le prospettive per il turismo sono modeste;si richiedono pertanto collegamenti sostenibili e sicuri anche per chi poi vuole utilizzare le piste ciclabili – per l’utilizzo delle quali Calalzo diventa uno snodo strategico verso tutta l’area dolomitica.

Da questa considerazione, anche in prospettiva futura, penso sia indispensabile invertire la tendenza e rilanciare, piuttosto, la ferrovia nel Bellunese mantenendo, per lo meno, due coppie di treni diretti Calalzo-Venezia sia nei giorni feriali che in quelli festivi – uno al mattino con arrivo a Venezia entro le 9.30 e uno alla sera.

I convogli dovrebbero prevedere anche il servizio di trasporto biciclette.

Di qui la necessità che vengano indicati tempi certi per l’acquisto di nuovo materiale rotabile e che venga eseguita la manutenzione ordinaria.

Ma chi sono i destinatari delle lamentele? Renato Chisso, l’assessore regionale alla Mobilità e alle Infrastrutture del Veneto, e Trenitalia.
Sembra evidente la finalità di rendere il trasporto ferroviario sempre meno attrattivo e conveniente fino a giustificarne la chiusura.

Ma non solo protesta.

Penso sia necessaria una netta inversione di tendenza offrendo alla cittadinanza un servizio certo, più funzionale ed appetibile, utilizzabile da lavoratori pendolari, da studenti, da giovani, da turisti.

C’è bisogno di un concreto piano di rinnovo del parco rotabile diesel, unito ad  un miglioramento razionale delle strutture per raggiungere una velocità commerciale di 65 km/h nelle tratte servite dalle motrici diesel e di un coordinamento gomma-rotaia con la possibilità di emettere un biglietto unico.

Non è più accettabile una mancata pianificazione e la realizzazione di interventi costosi che non hanno piena utilizzazione e seguito negli anni – ad esempio l’intervento a Santa Croce, stazione nella quale, secondo il nuovo orario, non vi sarebbe più alcuna fermata; e neanche il gravissimo uso indiscriminato di soppressioni di corse e di servizi, il continuo deterioramento della velocità commerciale, i ripetuti ritardi dovuti in gran parte alla carenza di manutenzione e rinnovo del parco macchine, la mancata accessibilità a tutti gli utenti di ancora troppe stazioni e lo stato di degrado delle stazioni stesse e dei treni.

In conclusione, auspico che ci sia la condivisione delle modifiche all’orario con le categorie di utenti, i comitati e le amministrazioni locali e che gli orari definitivi vengano definiti almeno tre mesi prima dell’entrata in vigore.

Roger


Belluno, 16.10.2013