Le spinte centrifughe altrimenti sono destinate ad aumentare
Domani la richiesta del Comune di Sappada di abbandonare il Veneto e unirsi al Friuli Venezia Giulia arriva all’esame dell’aula del Senato per il secondo dei quattro passaggi necessari al completamento della procedura prevista. La scadenza arriva a ridosso del referendum con cui i cittadini dell’intero territorio bellunese sono chiamati il 22 ottobre a esprimersi sulla volontà di assegnare maggiore autonomia della Provincia di Belluno rispetto alla Regione Veneto.
La simmetria temporale tra i due avvenimenti non può essere liquidata come pura coincidenza. Prima o dopo, infatti, i nodi vengono al pettine. Da quasi venti anni i Bellunesi chiedono alla Regione Veneto – inascoltati – di attuare politiche differenziate rispetto ai territori di pianura. Chiedono maggiori risorse, è vero, ma chiedono soprattutto strumenti appropriati per regolare e programmare la vita istituzionale, economica e sociale tenendo conto delle peculiarità di un territorio interamente montano. La determinazione dell’intero sistema politico e sociale bellunese ha consentito di fare qualche passo avanti, per esempio strappando alla Regione il controllo dei canoni idrici. Tuttavia, di fronte alla quasi totale mancanza di risposte alle crescenti domande di equità e giustizia poste dai Bellunesi, da 12 anni molti Comuni hanno chiesto di abbandonare la Regione (il primo fu Lamon nell’ottobre 2005) e di unirsi chi al Trentino Alto Adige chi al Friuli Venezia Giulia.
La richiesta di Sappada arriva in Parlamento perché è l’unica ad avere ottenuto il consenso della Regione di destinazione. Però, al di là degli aspetti tecnici, rimane il dato politico. Come ha sottolineato oggi Umberto Curi, il referendum di Belluno, a differenza di quello Veneto, è sostanziale in quanto può aprire finalmente la strada a “una soluzione realmente innovativa, riconoscendo alla provincia di Belluno alcune peculiarità derivanti dal fatto che l’intero territorio è completamente montano”. La concomitanza della discussione in aula del passaggio di Sappada al Friuli rinnova l’urgenza di trovare strumenti adeguati per arginare il malessere generato dalle diseguaglianze, ma soprattutto per ridurre il differenziale generato da politiche cieche e sorde, basate esclusivamente sui numeri della popolazione residente. Ribadisco, per tutto il Bellunese, non a macchia di leopardo, un po’ qui e un po’ lì.
I segnali arrivati solo quest’anno dalla giunta regionale sono tutt’altro che rassicuranti. La Regione infatti si è ripresa le deleghe sull’attività venatoria che erano affidate a Belluno dall’inizio degli anni Novanta. Inoltre, vanno evidenziati i tentennamenti della giunta rispetto alla necessità di tenere aperto e pienamente funzionale l’ospedale di Cortina e le ulteriori ipotesi di accentramento anche nel settore di gestione del turismo.
A fronte delle possibili regressioni, un’occasione di discussione e di approfondimento la offrono i sindaci e gli amministratori locali che riuniscono il 26 settembre gli stati generali per individuare possibili soluzioni amministrative e non solo mettendo al centro le opportunità per il nostro territorio.
Per questo, il referendum del 22 ottobre può segnare un punto di svolta. Perché solo un cambio di approccio a livello regionale può invertire le spinte centrifughe di tanti comuni che vogliono andarsene dal Veneto. Spinte che, altrimenti, sono destinate ad aumentare.