Un nuovo e più flessibile contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, nuove regole  sui  licenziamenti,  il  potenziamento  e  l’allargamento  della  rete  di ammortizzatori sociali: sono i pilastri su cui si reggono i primi due decreti legislativi varati dal Governo, che danno attuazione alle prime due deleghe della Legge n.183/2014, nota come Jobs Act.

Al centro dei due decreti legislativi, l’introduzione di un nuovo profilo contrattuale subordinato a tutele crescenti, su cui sarà possibile applicare per un triennio gli sgravi fiscali e previdenziali previsti nella Legge di Stabilità 2015: uno sconto contributivo fino a 8.060 euro l’anno per i lavoratori assunti nel 2015, a cui si aggiunge il taglio del costo del lavoro dalla base imponibile dell’Irap.

La maggiore flessibilità in uscita che caratterizza il nuovo modello poggia sulla parziale revisione del sistema di tutele attualmente previste dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori,  ammettendo  l’indennizzo  monetario  crescente  in  base  all’anzianità  di servizio anche nei casi di licenziamenti illegittimi economici individuali e collettivi. La reintegra al posto di lavoro resta per i licenziamenti discriminatori, per quelli intimati in forma orale e per una ristretta fattispecie dei disciplinari.

Alla maggiore flessibilità si accosta e si integra il pilastro di una potenziata rete di ammortizzatori sociali, al debutto dal 1° maggio. La Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASPI) eleva il massimale a 1.300 euro al mese e sarà erogata per un massimo di 24 mesi con dote a scalare dopo il quinto mese (il quarto dal 2016). Una volta raggiunto il limite temporale, il trattamento potrà proseguire per altri 6 mesi con il nuovo assegno sociale ASDI per quei lavoratori che versino in particolari condizioni economiche.

I collaboratori a progetto e coordinati continuativi che perdono il posto nel 2015 e sono iscritti  alla  Gestione  separate  dell’INPS  possono  invece  contare  sul  sostegno  di  una nuova e specifica indennità di disoccupazione, il DIS-COLL, con gli stessi massimali del NASPI e per una durata massima di 6 mesi.

Tutte le indennità sono strettamente condizionate alla partecipazione del lavoratore ad iniziative di ricerca attiva e formazione, pena la perdita del sostegno economico.

Viene anche disciplinato il contratto di ricollocazione. Il soggetto licenziato avrà diritto di ricevere dal Centro d’Impiego un voucher proporzionale al proprio profilo professionale e spendibile presso centri accreditati. Le agenzie, chiamate ad attivarsi per fornire i più avanzati servizi di ricollocamento, potranno incassare la dote del voucher solo a risultato ottenuto.

La nuova disciplina interessa esclusivamente il settore privato e si applicherà solo ai nuovi contratti: i lavoratori assunti in precedenza resteranno soggetti, in caso di licenziamenti illegittimi, alle norme dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, così come modificato nel 2012 dalla Legge Fornero o, in caso di imprese con meno di 15 dipendenti, alla Legge n. 604/66.

Il decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 23 ha registrato da parte delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato parere favorevole con condizioni e osservazioni, tra cui la proposta di stralcio delle norme sui licenziamenti economici collettivi. Richiesta non vincolante per il Governo, che non ha modificato il testo.

Oltre ai due provvedimenti in oggetto, sono attesi decreti legislativi che diano attuazione alle altre deleghe contenute nella Legge n. 183/2014. Come evidenziato nel  Dossier n. 66 dell’Ufficio Documentazione e Studi del Gruppo Pd alla Camera, sono previsti provvedimenti finalizzati a completare il processo di semplificazione delle procedure e degli adempimenti in materia di lavoro, a realizzare un riordino della disciplina e delle tipologie dei contratti, a rafforzare le misure di sostegno delle cure parentali, a revisionare il sistema degli ammortizzatori in costanza di rapporto di lavoro, al riordino delle politiche attive, all’istituzione dell’Agenzia nazionale per l’occupazione e dell’Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, ecc.

 

Di seguito le più importanti novità introdotte con il varo dei primi due decreti legislativi in oggetto.

 

CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO A TUTELE CRESCENTI

Il decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 23 introduce il nuovo contratto a tutele crescenti come modello di riferimento nelle assunzioni a tempo indeterminato. Il decreto stabilisce, come rimedio generale nel caso di licenziamenti ingiustificati, il pagamento di un indennizzo monetario crescente in base all’anzianità di servizio (da 4 a 24 mensilità).

Particolare  è  la  normativa  che  regola  il  licenziamento  per  motivi  disciplinari.  Per ottenere la reintegrazione, in questi casi, sarà essenziale provare esclusivamente la sussistenza o meno del fatto materiale. Secondo quanto evidenziato nella relazione di accompagnamento allo schema di decreto legislativo, fermo restando l’onere della prova a carico del datore di lavoro rispetto alla legittimità del motivo addotto per il licenziamento, l’onere della prova rispetto all’insussistenza del fatto materiale contestato è in capo al lavoratore. In caso contrario, si procederà al risarcimento economico, in base all’anzianità, e con gli stessi limiti sopra esposti.

Come detto, tale regime trova applicazione solo per i rapporti di lavoro instaurati dopo l’entrata in vigore della legge. Se, tuttavia, a seguito di nuove assunzioni a tempo indeterminato l’azienda supera la soglia dei 15 dipendenti, il nuovo regime si estende anche ai lavoratori assunti in precedenza.

Per i lavoratori delle piccole imprese (fino a 15 dipendenti) il diritto alla reintegrazione rimane regolato dalla normativa preesistente, e dunque disposto solo nel caso di licenziamento discriminatorio o nullo, mentre l’importo delle indennità connesse al licenziamento è determinato nella misura minima di 2 mensilità e nella misura massima di 6 mensilità.

Il nuovo regime del licenziamento per i futuri assunti sarà quindi applicato a tutti i datori lavoro, indipendentemente dal numero di occupati e dalla natura dell’attività esercitata. La nuova disciplina si applica anche alle organizzazioni di tendenza (partiti, sindacati, associazioni culturali, ecc).

Resta estranea al giudizio del giudice ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento. Eliminato anche, per evitare il proliferare di contenziosi,  ogni riferimento ai codici disciplinari contenuti nella contrattazione collettiva.

Da sottolineare la possibilità di avvalersi degli sgravi disposti dalla Legge di Stabilità 2015, che garantisce per un triennio il taglio del costo del lavoro dalla base imponibile Irap e l’abbattimento dei costi previdenziali, fino a un massimo complessivo di 8.060 euro l’anno.

 

Il regime di tutela del licenziamento illegittimo

Il recesso illegittimo è di regola sanzionato con un’indennità non soggetta a contributi pari a un minimo di 4 fino a 24 mensilità, in funzione dell’anzianità. L’indennizzo è pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24.

È prevista la reintegra in caso di licenziamento discriminatorio (ai sensi dell’articolo 15 dello Statuto dei Lavoratori) e in caso di materiale insussistenza della contestazione disciplinare. Altro caso di reintegrazione al posto di lavoro è determinato da nullità, così come disposto dall’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori, e dall’intimazione del licenziamento in forma orale.

Reintegra per i licenziamenti discriminatori. Resta ferma l’applicazione della piena tutela dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, con reintegrazione, per i licenziamenti discriminatori, determinati cioè da ragioni di credo politico, religioso oppure da pregiudizi razziali, di lingua, di sesso, di handicap, di appartenenza ad un sindacato. Reintegra anche per quelli riconducibili a casi di nullità quali, ad esempio, il licenziamento per gravidanza o per causa di matrimonio.

Il lavoratore ha diritto in tal caso anche a una indennità commisurata alla retribuzione maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettivo rientro, in ogni caso non inferiore  a  5  mensilità.  Il  datore  di  lavoro  è  condannato  inoltre  al  versamento  dei contributi previdenziali e assistenziali.

In sostituzione della reintegrazione il lavoratore può chiedere un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione.

La tutela è accordata, come nella normativa preesistente, a tutti i lavoratori dipendenti, compresi i dirigenti, a prescindere dai limiti dimensionali dell’impresa.

Se  manca  la  giusta  causa.  Secondo  quanto  previsto  nei  criteri  di  delega,  se  non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (per ragioni economiche) o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa (per ragioni disciplinari), il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un indennizzo pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità.

 

Da sottolineare l’esclusione del giudice da qualunque valutazione sulla proporzionalità del licenziamento rispetto al fatto disciplinare contestato.

Nelle sole ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia dimostrata in giudizio “l’insussistenza del fatto materiale” contestato, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione del posto di lavoro oltre al pagamento di un’indennità risarcitoria, comunque non superiore a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è inoltre condannato al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

Anche in tal caso il lavoratore può chiedere in alternativa alla reintegrazione un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Tale regime sanzionatorio si applica anche al licenziamento illegittimo per inidoneità fisica o psichica del lavoratore.

In caso di vizi formali. Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato in forma orale, con violazione del requisito di motivazione o della procedura disciplinare, di cui all’art. 7, dello Statuto dei Lavoratori, il lavoratore ha diritto ad una indennità pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità. Se tuttavia il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi sia anche un difetto di giustificazione del licenziamento, si applicano le tutele sopra descritte.

Calcolo dell’anzianità nel passaggio di appalti. Nei cambi di appalto, per il calcolo dell’indennizzo economico in caso di licenziamento, l’anzianità di servizio del dipendente che passa alle dipendenze dell’impresa che subentra si computa tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata.

Licenziamento collettivo. L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica quando, a causa di riduzione, trasformazione o cessazione di attività, il datore di lavoro effettua nell’arco di 120 giorni almeno 5 licenziamenti nell’unità produttiva oppure in più unità produttive nell’ambito della stessa provincia.

In questa fattispecie, il diritto alla reintegrazione sussiste solo se il licenziamento è intimato senza l’osservanza della forma scritta. Negli altri casi, compresa la violazione delle procedure sindacali e dei criteri di scelta dei lavoratori, si applica l’indennizzo monetario tra un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità, al pari di quanto previsto per i licenziamenti individuali di carattere economico.

 

La nuova conciliazione

Il decreto rafforza le procedure volte a scoraggiare il ricorso giudiziario, tramite l’introduzione di una nuova forma di conciliazione, utilizzabile da tutte le aziende, a prescindere dal numero dei dipendenti, e per tutte le tipologie di licenziamento.

La conciliazione davanti alla Direzione Territoriale del Lavoro (DTL) torna ad essere pienamente facoltativa e non più obbligatoria, secondo quanto previsto dalla Legge Fornero (L. 92/2012), seppur limitatamente al licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Da segnalare che la conciliazione preventiva presso la DTL ha dato buoni risultati applicativi, risolvendosi positivamente nel 47 per cento dei casi.

Al fine di evitare il ricorso in giudizio, il datore di lavoro può offrire al lavoratore un importo non assoggettato a tassazione né a contribuzione previdenziale pari ad una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio.

L’entità dell’importo non potrà comunque essere inferiore a 2 mensilità e superiore a 18. La procedura va avviata entro i termini per l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento (60 giorni).

L’accettazione dell’offerta da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.

L’accordo va raggiunto in una delle sedi “protette”, individuate dal Codice Civile: accanto alla sede sindacale è dunque riconosciuto un ruolo alle commissioni di certificazione, tra cui gli enti bilaterali.

Anche in materia di conciliazione si dà luogo a due regimi paralleli, con regole diverse, dal momento che per i lavoratori a tempo indeterminato già in organico prima dell’entrata in vigore del decreto attuativo del Jobs Act continuerà ad applicarsi la procedura obbligatoria presso la DTL, mentre non sarà utilizzabile la conciliazione agevolata.

 

Rito applicabile

Ai  licenziamenti  dei  lavoratori  assunti  con  contratto  a  tempo  indeterminato  a  tutele crescenti non si estende, sul piano delle regole processuali, il rito speciale previsto dalla Legge Fornero. Trova invece applicazione il rito ordinario.

 

AMMORTIZZATORI SOCIALI

A seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 4 marzo 2015 n.22, da maggio la NASPI prende il posto dell’ASPI e la nuova assicurazione sociale per l’impiego sarà potenziata e utilizzabile da una platea più ampia rispetto allo strumento che sostituisce. La NASPI sostituirà, unificandole, le prestazioni di ASPI e mini ASPI introdotte dalla Legge Fornero.

L’indennizzo è rivolto anche ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa  e  nei  casi  di  risoluzione  consensuale  del  rapporto  di  lavoro  intervenuta nell'ambito della procedura di conciliazione.

Non riguarderà, invece, gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato, per i quali continuerà a trovare applicazione il regime specifico di cui all'articolo 1 della Legge 24 dicembre 2007, n. 247.

Il provvedimento, che secondo il Governo coinvolgerà una platea potenziale di circa 1,5 milioni di persone, determina un notevole impegno finanziario aggiuntivo rispetto al regime precedente: si parla di 869 milioni di euro per il 2015, di 1,77 miliardi per il 2016, di 1,9 miliardi per il 2017.

L’ambito di applicazione rimane invariato rispetto ad ASPI e mini ASPI, fatta salva l’estensione ai lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto, per i quali viene introdotta la DIS-COLL. Il sostegno ai collaboratori si trasforma così dall’una tantum previsto dalla normativa precedente a un trattamento mensile.

I disoccupati potranno inoltre contare sul contratto di ricollocazione, che regola l’intervento di intermediari specializzati per favorire l’individuazione di un nuovo lavoro.

 

 

Platea allargata per la NASPI

Avranno diritto alla NASPI i lavoratori che hanno perduto involontariamente il lavoro e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:

 

a)  sono in stato di disoccupazione ai sensi del decreto legislativo n. 181/2000;

b)  possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione;

c)  possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.

Netto l’allargamento della platea dei potenziali beneficiari. Nel regime precedente, infatti, per avere diritto alla vecchia ASPI, il lavoratore doveva far valere almeno 2 anni di anzianità assicurativa e almeno 1 anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione. Per avere diritto alla mini ASPI doveva invece far valere, senza vincoli di anzianità contributiva, almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi.

 

Fino a 1.300 euro al mese per chi perde il lavoro

La NASPI è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni utili, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive, divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33.

Nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore nel 2015 all'importo di 1.195 euro, l'indennità mensile è pari al 75 per cento della retribuzione. In caso invece sia superiore a tale somma, l’indennità è pari al 75 per cento incrementato del 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo.

L’indennità mensile può arrivare a un massimale pari a 1.300 euro, rivalutato annualmente sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo. Per quanto riguarda il 2015 verrà ridotta progressivamente del 3 per cento al mese, a partire dal quinto mese di fruizione e dal 2016 tale riduzione si applica dal quarto mese di fruizione. L’ASPI degradava invece del 15 per cento dopo i primi 6 mesi di fruizione e di un ulteriore 15 dopo il dodicesimo mese.

Rispetto alla precedente disciplina, viene elevato da due a quattro anni il periodo di riferimento per il calcolo della retribuzione media alla quale rapportare l’importo. È stata inoltre significativamente elevata l’entità del massimale, che in precedenza era di 1.165 euro.

La NASPI si applicherà anche alle nuove categorie di lavoratori – soci lavoratori delle cooperative e personale artistico con rapporto di lavoro subordinato – integrate nella precedente ASPI con la Legge n. 92/2012.

 

Copertura legata ai contributi

Fino a tutto il 2016 la NASPI è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni (quindi per un periodo massimo di 24 mesi in caso di contribuzione piena nel quadriennio), detratti i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione della prestazione. Per gli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2017 viene introdotta una durata massima di 78 settimane. Cambia completamente il calcolo della durata, che non è più fissa (come per l’ASPI, la quale poteva arrivare a 12 mesi o a 18 mesi in base all’età), ma viene rapportata alle settimane di contribuzione, assumendo il metodo di calcolo della mini ASPI.

 

 

Più tempo per fare richiesta

Il  decreto  prevede  che  la  domanda  per  l’erogazione  della  NASPI  venga  presentata all’INPS in via telematica, entro il termine di decadenza di 68 giorni (prima erano 60) dall’avvenuta perdita di lavoro. L’indennità spetta a decorrere dal giorno successivo alla data  di  presentazione  della  richiesta,  e  in  ogni  caso  non  prima  dell’ottavo  giorno successivo alla cessazione del rapporto.

 

Partecipazione a programmi formativi e di ricerca di lavoro

Oltre, naturalmente, alla permanenza dello stato di disoccupazione, condizione essenziale per l’erogazione della NASPI è la partecipazione da parte dell’interessato alle iniziative di attivazione lavorativa nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai servizi competenti.

 

Incentivo all’autoimprenditorialità

Il lavoratore può richiedere la liquidazione anticipata, in unica soluzione, dell’importo complessivo della NASPI come incentivo all’avvio di un’attività di lavoro autonomo in forma di impresa individuale o per associarsi in cooperativa. L’erogazione anticipata non dà diritto alla contribuzione figurativa né all’assegno per il nucleo familiare. Se il lavoratore, aderendo a una cooperativa, instaura un rapporto di lavoro subordinato, l’importo della prestazione anticipata è rivolto alla cooperativa. Il lavoratore è tenuto alla restituzione dell’anticipazione ottenuta in caso instauri un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo per cui è riconosciuta la NASPI.

 

Compatibilità con altri rapporti di lavoro

Il lavoratore in corso di fruizione della NASPI che instauri un rapporto di lavoro subordinato decade dalla prestazione, salvo il caso in cui la durata del rapporto di lavoro sia inferiore o uguale a 6 mesi. In tale circostanza la prestazione è sospesa d’ufficio per la durata del rapporto  di  lavoro.  Il  beneficiario  della  NASPI  che  instauri  un  rapporto  di  lavoro subordinato la cui retribuzione annuale sia inferiore al reddito minimo escluso da imposizione, mantiene la prestazione, con una riduzione pari all'80 per cento del reddito previsto.

 

Compatibilità con attività autonoma

Il  lavoratore  in  corso  di  fruizione  di  NASPI  che  intraprenda  un’attività  lavorativa autonoma, dalla quale derivi un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione mantiene la prestazione, deve informare l'INPS entro un mese dall'inizio dell'attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarne. Al pari del rapporto subordinato, la NASPI è ridotta di un importo pari all'80 per cento del reddito previsto. La riduzione è ricalcolata d'ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi o, se il lavoratore è esentato dall’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, di un'apposita autodichiarazione sul reddito ricavato dall'attività lavorativa autonoma.

 

Contribuzione figurativa

La contribuzione figurativa sarà rapportata alla retribuzione di riferimento per il calcolo dell’ASPI. Per gli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2016, verrà posto un limite alla contribuzione figurativa, che sarà ancora rapportata alla retribuzione di riferimento per il calcolo dell’ASPI, ma entro un limite di retribuzione pari a 1,4 volte l’importo massimo mensile della NASPI, che è pari, come detto, a 1.300 euro.

 

DIS-COLL: una nuova rete per i co.co.co.

In via sperimentale, per tutto il 2015, è riconosciuta una indennità di disoccupazione mensile denominata DIS-COLL ai collaboratori coordinati e continuativi e a progetto, iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata INPS, non pensionati e privi di partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:

a) siano, al momento della domanda, in stato di disoccupazione ai sensi del decreto legislativo n.181/ 2000;

b)  possano far valere  almeno  tre  mesi di contribuzione  nel periodo  che  va  dal 1°gennaio dell’anno solare precedente il licenziamento;

c) possano far valere, nell’anno solare in cui si verifica il licenziamento, un mese di contribuzione oppure un rapporto di collaborazione di durata pari almeno a un mese.

 

La DIS-COLL è pari al 75 per cento del reddito imponibile ai fini previdenziali, derivante da rapporti di collaborazione, relativo all’anno in cui si è verificato l’evento di cessazione dal lavoro e all’anno solare precedente, diviso per il numero di mesi di contribuzione.

Come per la NASPI, nei casi in cui tale reddito medio mensile sia superiore nel 2015 all'importo di 1.195 euro, l'indennità è pari al 75 per cento del predetto importo, incrementata di una somma pari al 25 per cento del differenziale tra il reddito medio mensile e il predetto importo. L’indennità mensile non può in ogni caso superare un massimale pari a 1.300 euro nel 2015. A partire dal quinto mese di fruizione l’indennità è ridotta progressivamente nella misura del 3 per cento al mese. La durata massima è di 6 mesi e non sono riconosciuti i contributi figurativi.

Le procedure di richiesta, di compatibilità con lavori subordinati o autonomi e le relative decurtazioni, sono le stesse della NASPI. Anche in questo caso, l’erogazione resta condizionata, oltre che alla permanenza dello stato di disoccupazione, anche alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai Servizi competenti.

La DIS-COLL sostituisce l’indennità di fine lavoro già prevista dalla normativa passata, che però spettava ai soli co.co.pro.. La nuova indennità, che non sarà più una una tantum ma un trattamento mensile, oltre ad avere un ambito di applicazione più ampio, perché include anche i co.co.co., individua requisiti soggettivi più larghi e maggiori importi economici. Il metodo di calcolo dell’importo è infatti lo stesso della NASPI, con lo stesso valore del massimale, anche se non spetteranno i contributi figurativi.

 

Sostegno alle fasce deboli

In via sperimentale per il 2015, a partire dal 1° maggio, è istituito l’Assegno Sociale di Disoccupazione (ASDI) mirato a sostenere il reddito di chi ha ricevuto la NASPI per l’intera sua durata ma non ha ancora trovato un’occupazione e si trovi in una difficile condizione economica. Lo stanziamento relativo a tale misura è pari a 300 milioni di euro per il 2015, su un apposito fondo, che andranno prioritariamente a favore di famiglie con minori ed a lavoratori in prossimità del pensionamento.

L’ASDI è erogato, tramite uno strumento di pagamento elettronico, al massimo per 6 mesi, ed il suo importo è pari al 75 per cento dell’ultimo trattamento percepito ai fini della NASPI, ma non può superare l’importo dell’assegno sociale.

Allo scopo di evitare disincentivi nell’offerta di lavoro, il Governo prevede che il sostegno economico possa essere parzialmente cumulato con eventuali altri redditi scaturiti da una nuova occupazione e che tale sostegno declini poi in misura graduale con il permanere della situazione occupazionale, in base anche al reddito percepito.

Le modalità che regolano il cumulo e la graduale riduzione dell’ASDI andranno definite in uno specifico decreto del Ministero del Lavoro di concerto con il Mef, da emanare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo. Il decreto dovrà anche definire la soglia del nuovo ISEE che regola il limite per l’accesso alla prestazione e i criteri di priorità per l’accesso.

L’erogazione dell’ASDI è subordinata all’adesione da parte dei beneficiari ad un progetto personalizzato  di  reinserimento  lavorativo  redatto  dai  corrispondenti  servizi  per l’impiego,   verso   i   quali   sono   indirizzate   risorse   fino   all’1   per   cento   del   fondo corrispondente, vale a dire fino a 3 milioni di euro.

 

 

Contratto di ricollocazione

Nel decreto trova riconoscimento il contratto di ricollocazione, istituto dalla Legge di Stabilità 2014, rimasto finora privo di attuazione generalizzata, ma con sperimentazioni a livello regionale.

Le Regioni, nell’ambito della programmazione delle politiche attive del lavoro, possono attuare interventi di sostegno a carico del neo-istituito Fondo per le politiche attive per la ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccupazione involontaria, su cui confluiscono risorse per 70 milioni di euro nel prossimo biennio.

Il soggetto licenziato avrà diritto di ricevere dal Centro d’Impiego territoriale un voucher proporzionale rispetto al proprio trascorso professionale e spendibile presso centri accreditati. Centri che saranno chiamati a fornire una assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione, e potranno incassare la dote del voucher solo dopo la ricollocazione del lavoratore.

Da parte sua, l’interessato dovrà rendersi parte attiva rispetto alle iniziative proposte dal soggetto accreditato anche partecipando ad iniziative di ricerca, addestramento e riqualificazione professionale mirate a sbocchi coerenti con il fabbisogno espresso dal mercato del lavoro. Nel caso di mancata partecipazione alle suddette iniziative o di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua (ai sensi del Dlgs. n. 181/2000) offerta di lavoro decade la dote individuale di occupabilità.

 

RIFERIMENTI NORMATIVI Legge n. 92 del 28 giugno 2012

Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 3 luglio 2012

 

 

Legge n. 183 del 10 dicembre 2014

 

Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché' in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 290 del 15 dicembre 2014

 

 

Legge n. 190 del 23 dicembre 2014

 

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2015)

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 29 dicembre 2014

 

 

Decreto Legislativo n. 22 del 4 marzo 2015

 

Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n. 183 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2015

 

 

Decreto Legislativo n. 23 del 4 marzo 2015

 

Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n. 183

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2015

 

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