L’esito del referendum britannico diventi un punto di svolta per la politica europea.
E’ vero che la Gran Bretagna non è mai stata pienamente integrata nell’Unione europea, non ha adottato la moneta unica e non ha ratificato il trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone. Ma il risultato non è meno grave e le conseguenze politiche dirette possono essere molto gravi. Oggi l’Europa si trova a un bivio: conservatori e populisti tenteranno l’effetto domino per ridurre brandelli l’Unione e vaporizzare 60 anni di pace, benessere e di crescita economica sociale e culturale. Immaginare poi un ritorno agli stati nazionali e che questi da soli siano in grado di competere con forze antiche (Stati Uniti, Giappone e Russia) e player emergenti, dalla Cina all’India è un autentico incubo.
Oppure possiamo lavorare a un’Unione un po’ meno numerosa – e forse vale la pena di fare riflessioni approfondite sulle ipotesi di ulteriori allargamenti stanti le regole esistenti, ma più coesa. In ogni caso, che lo vogliamo o no, dal voto degli inglesi dovremo ripartire per ricucire le fratture sociali ed economiche che danno fiato e argomenti al populismo, che scatenano la furia cieca dei popoli contro le loro classi dirigenti.
E’ l’ora delle leadership continentali in grado di traguardare gli egoismi nazionali. Serve dare risposte alle persone in particolare ai più poveri e ai più anziani che vedono solo i rischi e rimangono esclusi dai benefici e dalle opportunità offerte dalla globalizzazione.
Il Partito Democratico in Italia e il Pse in Europa hanno un ruolo fondamentale per tenere insieme le generazioni e consentire la partecipazione di tutti cittadini, indipendentemente dal loro ceto e dal loro reddito alla vita pubblica. L’Italia ha l’ambizione e il dovere di guidare la costruzione di una nuova Europa dei popoli, forte, solidale e giusta.