Dighe e altri impianti di grandi derivazioni d’acqua alla scadenza delle concessioni passeranno di proprietà alla Regione Veneto. Lo stabilisce il provvedimento di conversione in legge del decreto “semplificazioni”.

Per la provincia di Belluno c’è il rischio concreto di sostituire al centralismo di Roma il centralismo di Venezia.

In Commissione, la notte scorsa, sono stati bocciati gli emendamenti che ho presentato insieme ai colleghi Enrico Borghi di Verbania e Mauro Del Barba di Sondrio che chiedevano il mantenimento del governo dell’acqua e dei suoi ritorni economici sul territorio.

In aula, il governo ha posto la questione di fiducia sul testo annullando qualsiasi possibilità di intervento e di discussione.

Siamo favorevoli a questa forma di federalismo e di regionalizzazione delle strutture di produzione energetica però avremmo voluto che le decisioni e i ritorni economici rimanessero ai territori di produzione.

Il sistema di impianti bellunese produce oltre il 7 per cento dell’energia idroelettrica italiana e oltre l’80 per cento di quella veneta. 
Comuni e Provincia devono poter decidere come e quando l’acqua deve essere impiegata per produrre energia e quando invece è opportuno lasciarla nei fiumi e nei laghi per scopi di ripristino ambientale e turistico. 
Inoltre devono poter beneficiare direttamente delle risorse economiche generate dalla produzione di energia.

Il governo, la Lega e il Movimento 5 Stelle la pensano diversamente, hanno bocciato gli emendamenti dei deputati di opposizione e trasferiscono alla Regione ogni competenza.

Un pessimo affare per i Bellunesi.

Ogni volta che il centro decisionale si è spostato da Roma a Venezia, Province ed enti locali hanno perso autonomia, competenze e risorse.

L’esperienza ci insegna che, per esempio, la Regione discute con il governo della propria autonomia ma trascura quella di Belluno al punto da non applicare la legge 25 approvata oramai da quattro anni e mezzo.

 

 


Roma, 06.02.2019