Di seguito un contributo di merito in vista della prossima scadenza elettorale delle EUROPEE del 25 maggio 2014.
I 10 punti che vi proponiamo vogliono essere un modo snello per tratteggiare un’idea di Europa che superi la banalizzazione del dentro-fuori dall’Europa e restituisca concretamente la grande opportunità contenuta nella dimensione comunitaria.
Il documento è frutto del lavoro di un gruppo di Deputati PD
L’EUROPA È UN POPOLO DENTRO UN CONFINE
Il cambio di legislatura delle istituzioni comunitarie non può essere circoscritto solo all’interno della sfida elettorale. L’Europa vive un presente che può essere determinante per il suo futuro. Gli Italiani in quanto cittadini europei insieme agli altri cittadini europei sono chiamati non a ribadire un retorico, formale e a volte scontato europeismo di facciata ma ad una vera e propria missione di rinnovamento e riorientamento per il salvataggio di una delle conquiste più’ importanti della nostra storia recente.
Spesso sentiamo dire che l’Europa non è altro che una struttura tecnocratica, che produce norme asettiche, dominate da pure esigenze economiche.
La sensazione che si è fatta largo in questi anni, dominati da crisi e paure, è in fondo che l’Europa sia una somma di vincoli, di legacci, di paletti che impediscono e limitano la nostra libertà e le nostre scelte.
Fatichiamo oggi, molto più di ieri, a sentirci cittadini europei.
Questa percezione è figlia dell’assenza di una visione politica, della mancanza di un progetto e di un’idea. Eppure l’Europa è nata per una ragione politica straordinaria e profonda: quella di consentire ad un continente che per secoli, fino a pochi decenni fa, è stato dilaniato e insanguinato da conflitti e guerre continue, di riconoscere gli elementi di unione e di diventare un grande spazio di pace, di benessere e di sviluppo.
Un obiettivo pienamente centrato, che ci ha consentito di sentirci parte di una grande comunità allargata per decenni, che diveniva sempre più integrata, e di vivere la dimensione continentale come una vera opportunità.
Oggi quella ragione e’ ancora valida: nessuna altra dimensione ci è consentita nel mondo globalizzato, ma dobbiamo riempirla di nuovi significati. Occorre traguardare altri obiettivi, occorre che la politica disegni una nuova strategia della quale sentirsi tutti parte, che torni a farci sentire orgogliosi di essere europei.
L’Europa in altre parole può tornare ad essere un grande sogno, una grande speranza concreta, se oltre ad essere un livello istituzionale torna ad essere un progetto, un’idea, una comunità. L’intuizione di Spinelli ha avuto successo quando è stata declinata in progetti che avevano al centro le persone e le comunità. È la condivisione delle possibilità, delle prospettive di vita, la rete delle protezioni, la tutela degli interessi che formano una nazione: il compito della nostra generazione è trasformare un livello sovranazionale in una organizzazione sociale di base. Siamo cittadini d’ Europa, appartenenti a diverse nazioni con storie e tradizioni diverse, ma figli di una stessa cultura, che è quella della pace, della solidarietà, dalla collaborazione tra popoli.
Per questo abbiamo indicato 10 punti che rappresentano un contributo all’idea di Europa che abbiamo e che offriamo al lavoro che il Partito Democratico ed i nostri candidati hanno davanti a loro e all’impegno che ogni giorno anima l’orizzonte di una Italia che torna al centro di un grande continente che può diventare sempre più luogo di relazioni e di consolidamento di diritti e doveri e sempre meno solo regole che normano i rapporti fra i singoli stati membri.
1. L’Europa delle persone, delle opportunità e non solo delle direttive.
Abbiamo bisogno che le persone che vivono in questo continente vedano cambiare la loro sfera soggettiva e si sentano inclusi dentro una comunità. Un’ Europa che finalmente dia reali opportunità di lavoro e di realizzazione delle proprie aspirazioni personali a quella generazione Erasmus che ha contribuito a formare attraverso maggiori investimenti sui programmi europei. Sono proprio i giovani europei la vera scommessa: a loro il compito di mettere a servizio dell’Europa le competenze acquisite nella formazione per migliorarne il sistema e la sua coesione. In questo contesto trovano spazio le diverse esperienze di servizio civile internazionale, opportunità di arricchimento per i giovani europei e per l’Europa stessa.
2. Infrastrutture, corridoi di comunicazione e logistica
Per colmare gli spazi e facilitare la libera circolazione delle persone e delle merci in un’ottica di sviluppo sostenibile. Il modello è quello del progetto “vento”. Non solo mobilità dolce ma aperture anche al turismo sostenibile. Ogni cosa che costruiamo, ogni modificazione del territorio deve avere come obiettivo quella di proteggere il futuro dell’ambiente, della natura e la vita di coloro che avranno il privilegio di vivere nel vecchio continente.
3. Nuovi saperi, capitale umano, formazione europea, cultura europea.
“Nato in Italia, cresciuto in Europa“: questo dovrebbe essere il mantra per i nostri ragazzi affinché acquistino piena consapevolezza di essere cittadini europei. Per fare questo la scuola ha un compito fondamentale che non può essere solamente quello di agevolare i percorsi di scambio culturale o di fornire informazioni su come muoversi in Europa (cv europeo, certificazioni internazionali…). Serve potenziare ciò che è nato con il “processo di Bologna” e l’inaugurazione dello Spazio europeo dell’istruzione superiore che offrono la possibilità di trasferimenti fra i sistemi di istruzione europei promuovendo il riconoscimento reciproco dei periodi di studio, di qualifiche confrontabili e di norme di qualità uniformi.
Ma la vera sfida è quella di una scuola che sia sempre più europea, a partire dalla didattica e dalle nuove tecnologie che devono ormai andare di pari passo. Significa ancora una volta attrezzare le scuole (e la politica della nuova edilizia scolastica, o architettura dell’apprendimento va in questa direzione) a svolgere una didattica adatta ai nativi digitali e formare gli insegnanti all’utilizzo della strumentazione e ad una nuova metodologia di insegnamento. Significa anche lavorare perché il CLIL diventi veramente una prassi e la conoscenza certificata e di qualità di almeno due lingue comunitarie parte del percorso di studi.
4. Impresa innovativa, ricerca, green economy, innovazione
Sono gli assetts sui quali la nostra Europa deve fondare il suo presente per avere un futuro competitivo con gli altri continenti.
La scelta di riportare il peso della manifattura al 20% del PIL deve essere perseguita con convinzione dalla nuova Commissione e dal nuovo Parlamento. Come dimostrano recenti studi ed analisi, solo una produzione innovativa e di avanguardia può generare occupazione stabile sia nell’industria che nei servizi correlati.
Riscoprire le capacità di fare impresa anche delle nuove generazioni è la prospettiva per garantire il presente e per avere un futuro qualitativamente competitivo con gli altri continenti, preservando al contempo il nostro ambiente, la nostra cultura, i nostri saperi. Creare occupazione in questi settori, anche con politiche industriali ecocompatibili, è prioritario perché è dimostrato che il lavoro nel campo dell’innovazione è un volano per il mercato e per la domanda interna e perché le società in cui è presente un’alta occupazione innovativa sono più attente all’ambiente, alla cultura, ai saperi. Per raggiungere questi obiettivi è fondamentale accelerare la piena realizzazione di “Agenda digitale“. Investire nell’economia digitale è una priorità. Un mercato digitale Europeo produrrebbe una ricchezza destinata a crescere in maniera potenziale
5. L’Europa ha una sua velocità che non deve essere dettata solo dal PIL, dalla crescita e dal rispetto dei parametri dei trattati.
C’è bisogno:
– di rilanciare e reinventare un modello economico, civile e politico, basato sul welfare, sull’impegno per la tutela della dignità della persona, sull’estensione della qualità della vita individuale e collettiva;
– di ricostruire la coesione sociale attraverso una politica tesa a ridurre sotto le soglie minime la disoccupazione, la povertà, i disagi abitativi;
– di elaborare un pensiero politico che affronti con coraggio i problemi della società, con un progetto fondato sulla solidarietà e sulla qualità della vita.
Ridiamo all’Europa una missione sociale e produttiva e l’Europa darà a i suoi cittadini benessere e sicurezza.
6. L’Europa nel mondo (una politica estera non dei singoli stati ma dell’Europa) nei processi di pace e di sviluppo.
La missione originaria dell’Unione quale ammortizzatore delle tensioni fra Stati che ha riportato lo stato tedesco dentro una ordinaria dialettica internazionale si è troppo affievolita. È come se la capacità di mediazione autorevole e solida si sia esaurita con il raggiungimento dell’obiettivo minimo della pacificazione post 1948.
E’ necessario riaffermare che alla base del progetto originario vi era una nuova prospettiva della costruzione europea: la valorizzazione delle diversità, il riconoscimento e il supporto allo sviluppo delle molteplici identità individuali e collettive. L’Unione Europea, fin dagli inizi, si è definita come un progetto e non come territorio, si è posta come identità politica e non geografica. Tutto questo si potenzia anche costruendo e valorizzando ampie reti di cooperazione e di integrazione.
Questa naturale vocazione europea va rafforzata ed esportata con strumenti esclusivi.
7. L’Europa delle autonomie – gli Stati Uniti d’Europa come traguardo favorirebbero processi di riordino istituzionale in termini di macro regioni e aggregazione dei municipi
L’approvazione da parte della UE della strategia macro-regionale rappresenta uno strumento forte e utile per rafforzare la coesione europea e costituisce un passo importante verso la costituzione degli Stati Uniti d’Europa. A tal fine le politiche per la valorizzazione di territori omogenei, come la macro-regione alpina e quella adriatico-ionica, favorirebbero l’assunzione di tutti gli strumenti economico-finanziari, infrastrutturali, energetici, ambientali, turistici e culturali, volti a promuovere in modo coordinato e innovativo strategie di cooperazione territoriale tra diverse comunità con l’obiettivo di uno sviluppo integrato, equilibrato e sostenibile.
8. Una unica politica energetica per rendere autonoma e forte la comunità degli stati.
Libera da vincoli e perciò indipendente nelle decisioni. Dobbiamo puntare ad una vera unione energetica che metta al centro sicurezza degli approvvigionamenti, concorrenza, drastica riduzione delle emissioni climalteranti e sviluppo dell’efficienza energetica e delle rinnovabili con investimenti sulle reti intelligenti, sulla ricerca, sulle nuove tecnologie.
Un’Europa verde, che guida la lotta ai cambiamenti climatici, ormai emergenza assoluta, e ne fa un’occasione di sviluppo e di protezione delle comunità, con le azioni di mitigazione per ridurre le emissioni di CO2 e di adattamento per attrezzare le nostre città, i nostri territori, all’impatto di eventi atmosferici eccezionali. Europa campione nella protezione dell’ambiente, nella riscoperta della bellezza e nell’adozione delle migliori tecnologie verdi anche nei processi produttivi.
9. La vera malata d’Europa è l’agricoltura sempre più messa in mezzo dalle invasioni della globalizzazione senza una protezione né della produzione né dei prodotti.
Serve un salto di qualità culturale per riportare la produzione agricola ad essere un valore aggiunto per le comunità e non soltanto un fattore commerciale. L’Agricoltura europea deve continuare a essere promotrice della qualità e della tipicità dei nostri prodotti. Garantire a tutta la popolazione cibi sani e di qualità per migliorare la qualità della nostra vita: questo avviene tramite una continua trasparenza nell’etichettatura dei prodotti. Una politica agricola comunitaria che si sviluppa sulla sostenibilità ma che consenta anche una garanzia di reddito agli agricoltori che sono i nostri primi baluardi nella gestione del territorio e garanzia della qualità dei cibi.
10. Europa centro della cultura e del turismo.
L’Europa deve riconoscere la “cultura” come protagonista in una nuova programmazione dei fondi strutturali, identificando il patrimonio culturale, materiale ed immateriale, come fondamento stesso del suo essere. La cultura è valore intrinseco e fattore economico, efficace strumento di dialogo e di coesione sociale e, nello stesso tempo, fattore di competitività e di innovazione in vista di un futuro che tenga conto di storia, tradizione e visione politica per una crescita “intelligente, inclusiva e sostenibile”.
Un’Europa che promuove nuova creatività utilizzando incentivi fiscali, nuovi modelli di rapporto pubblico privato, maggiore integrazione con le politiche culturali dei Paesi membri, ponendo attenzione al digitale, alle imprese creative, profit e no-profit, senza dimenticare infrastrutture e servizi, turismo culturale, valorizzazione del patrimonio ed economia dei territori.
Con l’obiettivo riconosciuto di rilanciare nuove progettualità incoraggiando partnership nazionali e transazionali e coinvolgendo un pubblico sempre più ampio perché ognuno si senta partecipe di una cultura europea.
Partendo dalle sfide del contesto globale si devono mettere a sistema gli strumenti di sostegno finanziario, di fiscalità e garanzia, definendo regole comuni per i grandi operatori di rete, confrontando e incoraggiando nuovi modelli di rapporto pubblico-privato nella governance e nella gestione della cultura.
Lo sviluppo del turismo culturale, la valorizzazione del patrimonio e dell’economia dei territori sono assi sui quali bisogna investire con una più forte alleanza tra gli stati membri, in modo tale da rendere la cultura volano per l’economia e per la crescita. I flussi turistici sempre più coinvolgono milioni di persone provenienti da ogni parte del mondo, attratti dalla storia, dal pensiero, dall’arte del Vecchio Continente.
Se è vero che l’Italia possiede il più grande patrimonio artistico e culturale, di converso gli investimenti per salvaguardare e rendere fruibile questo immenso e diffuso capitale non sono adeguati.
Oltre ai necessari interventi da parte del nostro Stato, dobbiamo chiedere alla nuova Europa di saper coordinare e promuovere l’offerta turistica di tutti i territori, privilegiando le aree a maggiore richiamo ed interesse.