Un “risultato che brucia” quello ottenuto dal Pd alle Regionali in Veneto: così il segretario regionale Roger De Menech definisce i dati usciti dalle urne domenica 31 maggio. E a pochi giorni dal voto si cerca di analizzare quei dati: ieri il partito si è riunito a Padova, ma c’è già chi punta il dito contro scelte e metodi (la deputata Simonetta Rubinato, sfidante di Alessandra Moretti alle primarie, non è andata per il sottile nella sua analisi).

 

Veneto24News ha discusso con il segretario De Menech di quanto sta accadendo in Veneto. 

 

Le urne hanno consegnato un quadro piuttosto disastroso per il Pd. Risulta anche a voi che quello di queste Regionali sia stato il peggiore risultato elettorale per il partito in Veneto?

​“Assolutamente sì. Non ci nascondiamo rispetto alla delusione del risultato. Anzi, il risultato è tanto più deludente per il fatto che per la prima volta in Veneto abbiamo fatto una campagna elettorale vera, cercando veramente di vincere e lo dico pesando bene le parole. Questo il motivo per il quale il risultato è ancora più bruciante. Rispetto alle precedenti regionali, come quelle del 2010 quando era candidato Giuseppe Bortolussi, lo sforzo è stato sicuramente maggiore, sia a livello di organizzazione, che di programma, che di alleanza. Sforzo che si è concretizzato anche nel portare qui pezzi del governo. Tutto questo ha prodotto un risultato pressoché immutato rispetto a 5 anni fa. Perdiamo un po’ di voti dentro una scia nazionale in cui il Pd è calato un po’ ovunque. C’è stata la concorrenza forte del Movimento 5 stelle da un parte e di Flavio Tosi d’altra, quindi la perdita di voti del Pd dipende anche da questi fattori. La cosa vera è che non abbiamo inciso minimamente rispetto ad uno zoccolo duro che vota Luca Zaia. La forza della Lega Nord conta, ma si tratta soprattutto di un voto personale del governatore uscente perché la sua civica diventa il primo partito del Veneto. Questa è la valutazione politica.”

 

Il Pd ha sbagliato qualcosa?

“Non credo ci siano stati errori macroscopici: il Pd qui non si è spaccato o i partiti di centrosinistra si sono divisi. Ci sono tante piccole cose che non hanno funzionato. La forza di una leadership come quella di Zaia, che non abbiamo saputo contrastare con una forza di lungo periodo, per esempio. La mia valutazione è che, in una regione come il Veneto, non sono sufficienti cinque mesi per costruire una proposta di programma e di leadership alternativa. L’errore da non fare domani è aspettare altri 5 anni per costruire questa alternativa. Dopodiché, noi abbiamo intercettato un momento di difficoltà del governo Renzi. Tre i temi al centro della discussione negli ultimi tempi: scuola, immigrazione e pensioni. Su questo abbiamo pagato lo scotto, rafforzando l’elettorato di Zaia sulla questione immigrazione e perdendo l’elettorato storicamente nostro, su questioni come scuola e pensioni. E d’altra parte in Veneto c’è un processo politico di lungo periodo che dobbiamo mettere in moto e che cinque mesi di campagna elettorale fatta da Alessandra Moretti, alla quale va tutta la mia riconoscenza e quella del partito, non sono bastati.”

 

Uno Zaia così forte, si è forse sbagliato candidato? Rubinato poteva essere un’alternativa più forte?

“Non credo assolutamente. Nel Pd ci sono dei metodi che sono stati applicati, non c’è la scusa che Alessandra sia stata catapultata dall’alto. Da una parte c’erano gli elettori che hanno dato 236mila preferenze a Moretti alle europee del maggio 2014, d’altra un pezzo del partito che la riteneva l’unica che potesse avere la forza e la credibilità necessarie. Nonostante ciò abbiamo fatto le primarie, che ha vinto con il 66% dei voti. A chi oggi recrimina la scelta rispondo che cinque anni fa è stato candidato Bortolussi, io volevo fare le primarie, mentre Rubinato era tra quelli che non vollero. Il Pd ha fatto un percorso coerente, poi non abbiamo convinto i veneti”.

 

Secondo lei quindi il risultato non dipende dal fatto che Renzi magari sta perdendo consensi tra quell’elettorato che ha sempre votato centrodestra e che negli ultimi tempi ha creduto al suo progetto?

“No, resto convinto che il risultato non sia influenzato da un fattore singolo. Sicuramente la politica nazionale non ha favorito il Veneto. Però non è possibile dare la colpa solo a questo fattore”.

 

Si è vociferato su sue possibili dimissioni, conferma che non lascia la segreteria?

“Io ho sempre detto che sono un uomo a disposizione del Partito democratico. In questo contesto respingo le guerre personali, perché tagliare le teste non risolve il problema. Tutti gli uomini e le donne del Pd devono sempre essere a disposione del partito, non devono essere loro al centro del partito. Quando qualcuno si mette al centro per visibilità personale non fa un servizio al partito”.

 

Quale il progetto per il futuro?

“Alla riunione di ieri abbiamo deciso una cosa importante: capovolgere il percorso di elaborazione della sconfitta, vale a dire di approfondimento. Non fare come sempre che si convocano solo i vertici del partito, ma coinvolgere anche i territori. Convocare le assemblee provinciali e i sindaci del territorio per discutere e per capire anche cosa i territori pensino della questione del partito e delle regionali”.

 

Fonte Veneto24News 

Intervista di Federica Sterza – 4 giugno 2015 

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