Ma perché ci troviamo, oggi, a discutere di una legge sui piccoli comuni e sulla loro valorizzazione? Perché dietro c’è una lobby dei piccoli comuni? No, io credo perché c’è una nuova consapevolezza: dal dopoguerra ad oggi, la cultura, la politica, la società del nostro Paese è stata fortemente influenzata dai grandi centri urbani. C’è stata una sorta di Italia urbano-centrica. 

Questo provvedimento – il merito va sicuramente al presidente Realacci, che da un po’ di anni lo porta all'attenzione del Parlamento – ha questo valore fondamentale, al di là dei tredici articoli e delle norme puntuali: ha il valore di rimettere al centro il fatto che queste zone una volta venivano definite marginali – anche il lessico ha la sua importanza – mentre, oggi, invece, le abbiamo individuate come aree interne, come scrigno, termine perfetto per definire la grande potenzialità, dal punto di vista anche dell'attrazione economica, che hanno; luoghi, che, per un certo periodo, sono stati sfruttati. 

Io sono un montanaro e provengo da una di queste zone: la montagna bellunese. Fra un po’ ci sarà l'anniversario di una data storica – ahimè, in maniera tragica – il 9 ottobre 1963: culmine dello sfruttamento delle aree di montagna, uno sfruttamento avvenuto senza avere una visione rispetto allo sviluppo di queste aree. 

Allora, l'importanza di questo provvedimento è esattamente questa: rimettere al centro le politiche, perché solo una montagna abitata può essere una montagna che fa delle politiche per fermare quello che è il grave – e il più grave – problema che vivono queste zone, che è lo spopolamento, la crisi demografica e il fatto che questi luoghi perdono popolazione. 

Si deve rimettere al centro un nuovo rapporto, un rapporto più sano, io lo definisco, fra l'uomo e il territorio in cui vive, in cui puntiamo a riportare in quei luoghi il governo del territorio

Il governo del territorio è importante non soltanto per i luoghi che abbiamo descritto, ma anche per le grandi metropoli, anche per le aree di pianura, perché è chiaro che una montagna disabitata e non popolata è una montagna rischiosa anche per i territori di pianura. È chiaro, lo diciamo sempre: il dissesto parte dalle montagne, parte dalle periferie, parte dai luoghi meno densamente abitati e poi, si traduce in tragedia, spesso, anche nelle pianure. 

E tutto questo come lo costruiamo? Secondo me con questa norma che è un buon punto di partenza, ma anche con una consapevolezza: che questa norma deve avere la capacità di permeare in tutte le norme che questo Parlamento porta avanti. Non possiamo pretendere che sia un'unica norma, un unico progetto di legge a mettere in moto le politiche più articolate per le aree interne del nostro Paese e, in particolare, per le zone di montagna. Noi dobbiamo avere la consapevolezza che, in ogni elemento che produciamo da un punto di vista legislativo in questa Camera e al Senato, dobbiamo tenere in considerazione che c’è un pezzo di Paese che è diverso – lo dico così –, che non può essere gestito come la pianura e che ha bisogno – sono molto d'accordo con uno degli interventi che mi hanno preceduto – di politiche specifiche, di riportare la particolarità di quei territori.

La particolarità fa sì che le alleanze siano un elemento fondamentale: in questi luoghi noi abbiamo bisogno di alleanze orizzontali, dentro i territori, di fare quindi una rete di sistema. Non possiamo più lavorare con gli enti locali che lavorano da una parte, il mondo dell'agricoltura dall'altro e l'industria: abbiamo bisogno di una sinergia più forte. E, poi, abbiamo bisogno delle alleanze – quelle, secondo me, più complicate e più difficili da raggiungere – strutturali, verticali, fra questi luoghi e le grandi metropoli, che, ripeto, devono avere tutto l'interesse a costruire politiche.

Questo provvedimento è un buon punto di partenza, a cui si aggiunge un'altra considerazione e cioè che tutto l'arco alpino è in crisi demografica a parte due zone: le province autonome di Trento e di Bolzano. Guardate che non è un problema solo di risorse, è un problema di politiche che pratichiamo in quei luoghi, è proprio un problema culturale rispetto a quei luoghi. Allora, in questo senso, noi dobbiamo riconoscere che vivere in quegli ambienti è più complicato, è più difficile e che abbiamo bisogno, quindi, di maggiori trasferimenti e di norme specifiche. Solo con questo possiamo riportare in quei luoghi la politica e riportare, quindi, il governo del territorio. Tutto il provvedimento è strutturato – e mi vede veramente convinto nel sostenerlo – in questo senso.

I servizi fondamentali: non c’è luogo abitato che non metta a disposizione dei propri cittadini i servizi. Qui dobbiamo anche, però, declinare questi servizi in una forma moderna: abbiamo parlato spesso di poste in quest'Aula e nelle Commissioni. Credo che sia corretto difendere fino in fondo gli uffici postali, ma è altrettanto corretto sapere che noi dobbiamo declinare questo servizio – lo prendo come esempio – in un'ottica moderna. È impensabile difendere l'ufficio postale degli anni Cinquanta. Allora, dentro questa norma io intreccio il multiservizio con la banda larga e ultralarga e un grande piano che il Governo – dobbiamo anche dirlo – sta già portando avanti in maniera positiva, soprattutto, sulle «aree bianche», a fallimento di mercato. Ecco, dentro il concetto di mantenimento del servizio, c’è anche una declinazione in forma moderna. E io quello che ho detto per gli uffici postali voglio dirlo per gli altri grandi fattori di sviluppo rispetto al mantenimento dei servizi, che sono la sanità, l'istruzione e i trasporti. Noi dobbiamo cercare di costruire una rete di questi servizi, sapendo che non possiamo avere scuole dappertutto, ma dobbiamo pretendere che i cittadini di quei luoghi possano andare nei migliori centri di formazione e di istruzione, garantendo loro il vitto, l'alloggio e il trasporto verso quei luoghi di grande conoscenza. Così possiamo fermare lo spopolamento.

Questo provvedimento, ripeto – e ringrazio il presidente Realacci per averlo riportato, uso questo termine, all'attenzione del Parlamento –, è un punto di partenza; prendiamo, approviamolo il più velocemente possibile, facciamolo approvare al Senato e, poi, poggiamolo sopra i banchi di questo Parlamento e dei rappresentanti del Governo, perché questa legge deve permeare l'attività di queste istituzioni in tutti i provvedimenti che avremo nel futuro.

 


 
 
 

Roma, 26.09.2016