Onorevole Roger De Menech in un anno siete passati dal 21 al 37% e avete «incorporato» Scelta civica di Monti che qui aveva  il record italiano del 12%: il successo è tutto merito di Matteo Renzi?
È merito di un Pd che, grazie a Matteo Renzi, si è rimesso in sintonia con il Paese. Due i fattori decisivi: la concreta azione di governo e il coraggio di rivolgerci a settori tradizionalmente estranei al nostro elettorato. In Veneto il merito è soprattutto di Alessandra Moretti: abbiamo guardato negli occhi gli artigiani, gli imprenditori, le partita Iva. Sono persone, uomini e donne che si alzano la mattina presto e si fanno un c… così per stare in piedi in un contesto economico difficile. Generano ricchezza, lavoro e benessere per la comunità. Li abbiamo ascoltati e dato loro risposte concrete come ha fatto Matteo Renzi che ha ridotto le tasse e aiutato le famiglie con i redditi medio bassi. E ha colpito i privilegi della supercasta burocratica, gli stipendi d’oro dei manager e dei dirigenti dei ministeri. Ora il tetto è di 240 mila euro l’anno per tutti.

È vero che lei è nel cerchio magico del premier e che se Alessandra Moretti non dovesse accettare la candidatura per la Regione, De Menech è pronto a sfidare Zaia?
Non c’è nessun cerchio magico. Il Pd è un’organizzazione con regole definite. Io ho una funzione di garanzia. Conosco Renzi da 4 anni: mi sono presentato alla Leopolda di Firenze come responsabile di un comitato che si opponeva ad una discarica nel mio comune, Ponte nelle Alpi.  Avevamo ragione: ora c’è la raccolta differenziata, l’ambiente è intatto, spendiamo meno di prima e siamo il comune più riciclone d’Italia».

E nel 2013 è diventato deputato: ma le primarie in Veneto si fanno o no?
Le primarie? Sono la regola, poi c’è il buon senso: se dovesse emergere la convergenza di tutto il partito su un nome autorevole e popolarissimo che gode del consenso dell’opinione pubblica, allora le primarie potrebbero essere non necessarie. Prima di scegliere il candidato presidente, però, dobbiamo decidere quale Veneto vogliamo. Penso che il percorso di riforme cominciato a Roma debba coinvolgere la nostra regione, la porta attraverso cui l’Italia proietta in Europa la sua cultura e i suoi prodotti: oggi il Veneto ha il fiato corto e bisogna cambiare».

Molti autorevoli dirigenti del Pd invitano alla prudenza, la Lega è risorta.
Ma quale Lega risorta: nel 2010 aveva il 33%, è crollata al 10 e rimbalzata al 15. Senza euro l’Italia non ha futuro, Salvini vende paure, fumo e demagogia. E Zaia lo imita con il suo immobilismo, tanto che Galan e Fi non lo vogliono più.

Con quale programma pensate di vincere?
Non so se vinceremo, ma certo lavoreremo su fisco, innovazione e riattivazione degli ascensori sociali che sono i tre pilastri decisivi per far ritornare competitivo il Veneto. Giù le tasse regionali su chi produce ricchezza e lavoro, senza se e senza ma. Lo stiamo facendo a livello nazionale con il taglio di 10 miliardi di Irap, va fatto anche in Regione. Poi c’è la partita dell’innovazione e delle nuove tecnologie. Indirizziamo i fondi europei e tutte le leve a nostra disposizione a iniziative e prodotti ad alto valore aggiunto. Come dice il professor Stefano Micelli, nell’economia 2.0 è indispensabile che il Veneto produca beni e servizi “unici”.
Infine, usiamo tutte le leve per riattivare gli ascensori sociali: investiamo sulla scuola e l’alta formazione e sul sostegno alle famiglie».

Zaia come Renzi: giù le tasse e cosa ne pensa del referendum sull’indipendenza?
«Alla Nazione Veneto non crede nessuno, è una colossale bugia. L’ultimo sondaggio della Fondazione Nordest dice chiaro e tondo che la secessione è una follia e gli imprenditori si aspettano il taglio delle tasse e meno vincoli: io ero a Treviso quando Vardanega, Benetton e Confindustria hanno incontrato il premier. E gli hanno chiesto le riforme del lavoro, il taglio di Irap e Irpef e un sostegno all’export. Aggiungo che dopo aver
abolito le Province, ora dobbiamo snellire gli apparati periferici, vendere le decine di società partecipate e di enti che soffocano la concorrenza. La ricerca della Fondazione Nordest conferma che bisogna rivedere profondamente il rapporto con lo Stato centrale, perché il Veneto oggi è la cassa grazie a cui altri territori possono spendere. La solidarietà non si discute, ma chi è troppo generoso e buono rischia di passare facilmente per mona».

Il Veneto non ha l’addizionale Irpef, dove si taglia?
«La Regione deve dare dei segnali forti per recuperare competitività. L’area centrale metropolitana, secondo uno studio Ca’ Foscari-Ocse del 2010, è letteralmente zavorrata dalla frammentazione amministrativa, burocratica e di governo. Non è cambiato nulla: l’Rci 2013, l’indice della competitività delle regioni dell’Ue è impietoso: in tre anni il Veneto ha perso 20 posizioni ed è sceso dal 149˚ al 169˚ posto. Si perde terreno su tutti e tre i livelli dello studio: istituzioni, efficienza e innovazione. Ba- sta un esempio: dov’è la banda larga? Come è pensabile che le nostre aziende siano competitive se non hanno accesso a reti telematiche veloci? Bisogna investire nell’innovazione, nelle reti informatiche, le fibra ottica 4 e 5 G, sulla difesa del mare e delle nostre città d’arte».

Non è che con tutto questo entusiasmo rischiate di perde- re Padova che, con Venezia, è sempre stata governata dal centrosinistra?
«No, Ivo Rossi vincerà perché ha il coraggio di guardare in faccia i problemi e di affrontarli. Mi dicono che il senatore Bitonci è fermo al 30 per cento e mi dicono che viene da Cittadella. Un foresto paracadutato su Padova perché Forza Italia ha bocciato Saia come un traditore. Mi ricorda un po’ Ezzelino da Romano:la storia dice che finì male…».

Intervista: corriere delle alpi 30.05.2014


Intervista di A. Salmaso | Corriere delle Alpi 30.05.2014